
Lavoro
Apprendistato senza formazione: il contratto è nullo e si trasforma in rapporto a tempo indeterminato
Dott. Alessandro Cervellino
10/17/2025

Il Tribunale di Tivoli, con sentenza n. 1209 del 30 settembre 2025, ha affrontato un tema di grande rilievo pratico nel diritto del lavoro: la validità del contratto di apprendistato in assenza di effettiva formazione e la tutela applicabile in caso di licenziamento disciplinare privo di preventiva contestazione.
La pronuncia si inserisce nel solco della giurisprudenza di legittimità che considera l’elemento formativo come requisito essenziale dell’apprendistato, la cui mancanza determina la nullità del contratto e la trasformazione del rapporto in ordinario rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.
Sul piano sanzionatorio, la decisione ribadisce l’obbligo di rispettare la procedura di cui all’art. 7 della legge n. 300/1970, riconoscendo la tutela reintegratoria ex art. 3, comma 2, del D.Lgs. n. 23/2015 in caso di licenziamento adottato senza preventiva contestazione.
I fatti oggetto del giudizio
Il lavoratore era stato assunto con contratto di apprendistato professionalizzante finalizzato all’acquisizione della qualifica di allestitore, ma nel corso del rapporto non aveva ricevuto alcuna formazione né era stato affiancato da un tutor.
In sede giudiziale, l’interessato ha chiesto di dichiarare la nullità del contratto di apprendistato per difetto degli elementi costitutivi e il riconoscimento di un ordinario rapporto di lavoro subordinato, con conseguente diritto alle differenze retributive e contributive.
Successivamente, il datore di lavoro aveva disposto il licenziamento per giusta causa, senza che fosse mai stata ricevuta dal dipendente la lettera di contestazione disciplinare.
Il giudice, dopo l’integrazione del contraddittorio nei confronti dell’ente previdenziale per la domanda contributiva, ha esaminato le due questioni centrali:
- la validità del contratto di apprendistato; 
- la legittimità del licenziamento disciplinare. 
La natura formativa dell’apprendistato e l’onere probatorio del datore di lavoro
L’apprendistato, disciplinato dagli articoli 41 e seguenti del D.Lgs. n. 81/2015, è un contratto di lavoro a tempo indeterminato con finalità formativa, che unisce attività lavorativa e formazione teorico-pratica.
Come ribadito dal Tribunale, la componente formativa non costituisce un mero accessorio, ma un elemento essenziale della causa contrattuale.
Il datore di lavoro è tenuto a:
- redigere il piano formativo individuale in forma scritta; 
- individuare un tutor aziendale; 
- garantire lo svolgimento della formazione teorica e pratica; 
- documentare la formazione svolta mediante il libretto dell’apprendista. 
Nel caso di specie, nessuno di questi adempimenti risultava essere stato eseguito: mancava il piano formativo, non vi era traccia di corsi o attività didattiche, né era stato individuato un tutor.
Il giudice ha richiamato il consolidato orientamento della Cassazione secondo cui l’inadempimento degli obblighi formativi determina la trasformazione del contratto in rapporto di lavoro subordinato ordinario sin dall’origine, ove l’inadempimento sia grave e si traduca in totale mancanza di formazione (Cass. n. 1324/2015; Cass. n. 14754/2014).
A ciò si aggiunge che l’onere della prova circa l’effettiva formazione grava sul datore di lavoro (Cass. n. 16571/2018).
Nel caso concreto, non essendo stato dimostrato alcun adempimento, il Tribunale ha dichiarato la nullità del contratto di apprendistato e riconosciuto l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato fin dal momento dell’instaurazione di fatto del rapporto.
Le conseguenze economiche e contributive
La trasformazione del contratto ha comportato la condanna del datore di lavoro al pagamento delle differenze retributive derivanti dall’applicazione del corretto livello contrattuale previsto dal CCNL di riferimento, oltre alla regolarizzazione contributiva nei limiti della prescrizione quinquennale.
Il giudice ha ribadito che il lavoratore, una volta dimostrata la prestazione lavorativa, ha diritto al trattamento economico e normativo spettante al dipendente ordinario, comprese le mensilità aggiuntive, ferie, festività e permessi non goduti.
Tale impostazione si fonda sul principio di effettività del rapporto di lavoro e sulla necessità di evitare che la mancanza di formazione si traduca in un vantaggio economico per l’impresa.
Il licenziamento disciplinare e la violazione dell’art. 7 dello Statuto dei lavoratori
Sul secondo profilo, il Tribunale ha ritenuto illegittimo il licenziamento disciplinare in quanto privo di preventiva contestazione scritta.
La società aveva inviato la lettera di addebito a un indirizzo errato, differente da quello di residenza comunicato dal lavoratore e presente nei documenti aziendali.
Poiché la mancata consegna non poteva essere imputata al dipendente, il giudice ha ritenuto insussistente la contestazione disciplinare, con conseguente violazione dell’art. 7 della legge n. 300/1970.
La pronuncia richiama il consolidato orientamento secondo cui la contestazione preventiva è un elemento essenziale di garanzia del procedimento disciplinare, espressione di un principio di civiltà giuridica sancito anche dalla Corte costituzionale (sent. n. 204/1982).
La giurisprudenza di legittimità, inoltre, ha affermato che il radicale difetto di contestazione determina l’inesistenza del procedimento disciplinare e comporta l’applicazione della tutela reintegratoria (Cass. n. 1026/2015; Cass. n. 4879/2020).
La tutela applicabile: reintegra e indennità risarcitoria
Poiché il rapporto era regolato dal regime delle tutele crescenti (D.Lgs. n. 23/2015), il Tribunale ha applicato l’art. 3, comma 2, che prevede la reintegrazione nel posto di lavoro e un’indennità risarcitoria fino a 12 mensilità dell’ultima retribuzione utile ai fini del TFR, in caso di «insussistenza del fatto materiale contestato».
La disposizione, osserva il giudice, comprende implicitamente anche l’ipotesi di inesistenza della contestazione stessa, poiché l’assenza di addebiti contestati impedisce qualunque valutazione di proporzionalità o di colpevolezza.
In applicazione di tale principio, è stata disposta:
- la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro; 
- la corresponsione di un’indennità pari a dodici mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento; 
- il versamento dei contributi previdenziali e assistenziali per il periodo intercorso tra il licenziamento e la reintegra. 
Rilievi sistematici e riflessi pratici per le imprese
La pronuncia conferma che l’apprendistato non può essere utilizzato come strumento di flessibilità a basso costo, ma deve perseguire un effettivo scopo formativo.
In assenza di un piano formativo documentato e di una formazione effettiva, l’impresa si espone a conseguenze rilevanti:
- nullità del contratto di apprendistato e trasformazione in rapporto a tempo indeterminato; 
- pagamento delle differenze retributive e dei contributi omessi; 
- rischio di reintegra in caso di licenziamento illegittimo. 
Per evitare tali esiti, è essenziale che le aziende:
- formalizzino il piano formativo individuale in modo puntuale e coerente con il profilo professionale; 
- documentino la formazione svolta, anche tramite registri o piattaforme digitali; 
- nominino un tutor aziendale e ne traccino l’attività di affiancamento; 
- verifichino la corretta gestione delle comunicazioni disciplinari, assicurando la tracciabilità e l’invio agli indirizzi aggiornati del dipendente. 
Precauzioni
La decisione del Tribunale di Tivoli rappresenta un monito per i datori di lavoro e un riferimento giurisprudenziale per i professionisti del settore.
Essa ribadisce che la formazione è il cuore dell’apprendistato: la sua mancanza ne svuota la causa giuridica e determina la conversione del contratto in rapporto ordinario.
Parimenti, la mancata osservanza delle garanzie procedurali disciplinari – in particolare la preventiva contestazione ex art. 7 dello Statuto – comporta l’applicazione della tutela reintegratoria anche nel regime delle tutele crescenti.
Per le imprese, ciò impone un approccio rigoroso nella gestione dei contratti di apprendistato, intesi non come mera riduzione del costo del lavoro ma come investimento formativo, documentabile e verificabile.
Per i consulenti e gli operatori, la sentenza offre una base solida per valutare la legittimità dei contratti di apprendistato e la corretta applicazione del potere disciplinare, in un’ottica di prevenzione del contenzioso e di conformità giuslavoristica.


