
Diritto Societario
La prescrizione del diritto di esclusione del socio nelle società di persone: tra autotutela e tutela dei rapporti sociali
Avv. Francesco Cervellino
10/21/2025
L’ordinanza n. 27804 del 18 ottobre 2025 della Corte di Cassazione, Prima Sezione Civile, rappresenta un significativo punto di svolta nel dibattito dottrinale e giurisprudenziale in tema di esclusione del socio nelle società di persone. La decisione affronta con rigore sistematico il rapporto tra il potere di esclusione disciplinato dagli articoli 2286 e 2287 del Codice civile e la disciplina della prescrizione di cui all’articolo 2949, primo comma, del medesimo codice, giungendo a sancire l’assoggettamento del diritto di esclusione al termine quinquennale. Tale conclusione segna una chiara presa di distanza dall’orientamento tradizionale che qualificava l’esclusione come esercizio di un potere di autotutela discrezionale e, in quanto tale, imprescrittibile.
La pronuncia trae origine da una controversia insorta all’interno di una società in nome collettivo, in cui la maggioranza dei soci aveva deliberato l’esclusione di un componente per gravi inadempienze commesse in qualità di amministratore, risalenti a oltre dieci anni prima della delibera. Il socio escluso aveva eccepito l’intervenuta prescrizione del diritto di esclusione, mentre la società sosteneva la natura non prescrittibile del relativo potere. La Corte d’appello, in riforma della sentenza di primo grado, aveva accolto la tesi dell’eccezione di prescrizione, decisione poi confermata dalla Cassazione con motivazione di elevato spessore dogmatico.
Nella ricostruzione del Supremo Collegio, l’esclusione del socio rappresenta una manifestazione tipica del diritto societario, volta a preservare la funzionalità dell’organizzazione sociale e la realizzazione dello scopo comune che costituisce l’essenza del contratto di società ex art. 2247 c.c. Il contratto di società è infatti qualificato come contratto associativo a comunione di scopo, privo del sinallagma caratteristico dei contratti di scambio. Tale connotazione implica che i rimedi dell’inadempimento propri della disciplina generale — in particolare la risoluzione contrattuale — risultano inapplicabili, essendo sostituiti da strumenti specifici quali l’esclusione del socio inadempiente o il recesso per giusta causa.
Ciò nondimeno, la Corte osserva che il diritto di esclusione, pur costituendo un rimedio speciale, è strutturato come diritto soggettivo disponibile in capo alla maggioranza dei soci. L’atto di esclusione, ancorché funzionalmente diretto alla tutela dell’interesse sociale, non ha natura sanzionatoria o autoritativa, ma costituisce l’esercizio di un diritto privato riconosciuto dall’ordinamento. Da ciò discende l’inapplicabilità della categoria della potestà pubblicistica o del potere d’imperio all’ambito delle società di persone, le quali si fondano su un contratto e non su un rapporto di supremazia. L’esclusione non rappresenta dunque un atto di autotutela in senso tecnico, bensì l’attuazione di un diritto volto a sciogliere, nei confronti del socio inadempiente, il vincolo societario limitatamente alla sua posizione individuale.
Sotto il profilo sistematico, la Corte riconduce il diritto di esclusione nell’alveo dei “diritti che derivano dai rapporti sociali”, soggetti alla prescrizione quinquennale di cui all’art. 2949 c.c. Tale norma, di portata generale, trova applicazione a tutte le situazioni giuridiche soggettive che sorgono in dipendenza del rapporto societario e che possono essere esercitate in via volontaria dai soci o dagli organi sociali. Ne consegue che anche il diritto di esclusione, una volta maturato il presupposto fattuale della grave inadempienza, deve essere esercitato entro cinque anni dal momento in cui il comportamento censurato diviene conoscibile e rilevante per la società. Decorso tale termine, l’inerzia della maggioranza determina l’estinzione del diritto, con conseguente illegittimità della delibera eventualmente adottata oltre tale periodo.
La Cassazione respinge così la tesi, sostenuta dalla società ricorrente e avallata dal Procuratore generale, secondo cui il diritto di esclusione sarebbe espressione di un potere di salvaguardia della compagine sociale, non soggetto a prescrizione. Tale impostazione — osserva il Collegio — confonde la funzione di tutela insita nell’istituto con la natura giuridica del diritto che lo fonda. La tutela della società, infatti, non implica l’attribuzione di poteri illimitati nel tempo, poiché anche in ambito societario deve essere garantita la certezza dei rapporti giuridici e la stabilità delle situazioni soggettive.
La Corte giunge quindi ad affermare un principio di diritto destinato a orientare la futura giurisprudenza: “il diritto di esclusione del socio per gravi inadempienze si estingue per prescrizione nel termine quinquennale previsto dall’art. 2949 c.c.”. Tale principio appare coerente con la ratio dell’istituto della prescrizione, che tende a eliminare l’incertezza giuridica derivante dal protrarsi di situazioni potenzialmente conflittuali. Laddove si ammettesse l’imprescrittibilità del diritto di esclusione, il socio resterebbe indefinitamente esposto al rischio di essere estromesso per fatti remoti, incompatibili con la normale dinamica dei rapporti associativi e con il principio di buona fede contrattuale.
L’ordinanza offre inoltre un importante chiarimento sul piano dogmatico: il diritto di esclusione non è un diritto potestativo imprescrittibile, ma un diritto disponibile soggetto alle regole ordinarie della prescrizione. L’inattività della società non sospende né interrompe il decorso del termine se non in presenza di atti idonei a manifestare l’esercizio concreto del diritto di esclusione. Neppure l’instaurazione di procedimenti paralleli — come le azioni di responsabilità o le controversie cautelari — può essere ritenuta interruttiva, poiché tali atti perseguono finalità diverse e non equivalgono all’esercizio specifico del diritto in questione.
Sul piano sistematico, la pronuncia contribuisce a delineare un equilibrio tra l’esigenza di tutela della compagine sociale e quella di certezza dei rapporti interni. La prescrizione quinquennale non riduce la funzione ordinatrice dell’istituto dell’esclusione, ma ne delimita l’esercizio entro un arco temporale ragionevole, coerente con la finalità conservativa dell’impresa collettiva. La decisione, infine, valorizza la natura contrattuale della società di persone e riafferma l’idea che anche nelle relazioni associative la stabilità giuridica costituisca un valore da preservare, impedendo che il vincolo sociale divenga fonte di potenziali conflitti perpetui.
In tale prospettiva, l’ordinanza n. 27804/2025 si pone come un punto di equilibrio tra il principio di effettività della tutela societaria e la salvaguardia della certezza giuridica, ribadendo che l’autonomia privata, pur nella dimensione collettiva dell’impresa, resta soggetta ai limiti temporali fissati dall’ordinamento per l’esercizio dei diritti.
Lo stesso intervento anche su studiocervellino.it

