Diritto di Famiglia

L’affidamento alternato nella casa familiare: tra tutela del minore e sostenibilità del modello nelle situazioni di conflitto

Avv. Francesca Coppola

10/31/2025

La recente ordinanza del Tribunale di Roma, che ha disposto l’affidamento condiviso con permanenza del minore nella casa familiare e alternanza settimanale dei genitori, segna un momento di riflessione importante sull’evoluzione del diritto di famiglia e sull’effettiva tutela dell’interesse del minore. Pur animata da finalità protettive, la misura suscita perplessità sotto il profilo psicologico, economico e relazionale, specialmente nei casi caratterizzati da elevata conflittualità tra gli ex coniugi.

Il provvedimento si fonda sull’intento di garantire al bambino continuità nel proprio ambiente di vita, evitando che sia costretto a spostarsi tra le abitazioni dei genitori. Tale impostazione valorizza la bigenitorialità non come semplice principio di uguaglianza formale, ma come equilibrio nella presenza e nella responsabilità genitoriale. Tuttavia, la sua applicazione in contesti di forte tensione rischia di produrre effetti contrari a quelli perseguiti, generando confusione affettiva e precarietà emotiva per il minore. La casa familiare, che dovrebbe rappresentare un luogo di stabilità, diviene in questo schema uno spazio condiviso a turno, dove il bambino assiste a un continuo avvicendarsi dei genitori, percependo la separazione non come riorganizzazione, ma come ripetuta perdita.

Dal punto di vista psicologico, la decisione si fonda sull’assunto che la permanenza del minore nel medesimo ambiente garantisca continuità e sicurezza. Tuttavia, la stabilità non coincide necessariamente con l’immobilità fisica: per un bambino piccolo, la serenità deriva più dalla coerenza affettiva e dalla prevedibilità delle figure di riferimento che dal mantenimento dell’abitazione originaria. L’alternanza dei genitori, se priva di un clima collaborativo, rischia di compromettere la percezione di sicurezza del minore, che si trova a vivere in un contesto familiare statico ma relazionalmente instabile.

Sul piano pratico, la gestione di un simile modello impone sacrifici significativi agli adulti coinvolti. Alternarsi nella casa familiare comporta che ciascun genitore disponga di un alloggio alternativo per i periodi di assenza, con un inevitabile aggravio economico. In molti casi, tale organizzazione si traduce in soluzioni temporanee e precarie — ospitalità presso amici o parenti — che incidono sulla qualità della vita dei genitori e, di riflesso, su quella del figlio. La sostenibilità economica e logistica diviene così un elemento imprescindibile di valutazione, poiché una misura che non può essere realisticamente attuata rischia di trasformarsi in fonte di ulteriore conflitto.

Sotto il profilo processuale, l’ordinanza in esame presenta un ulteriore elemento di criticità: la sua natura provvisoria e la lunga attesa per la consulenza tecnica d’ufficio. Nel caso specifico, la situazione di alternanza è destinata a protrarsi per diversi mesi, in attesa di una valutazione definitiva sulla capacità genitoriale delle parti. Per un bambino di quattro anni, tale periodo rappresenta un arco temporale rilevante, durante il quale l’assenza di un assetto stabile può generare incertezza e disorientamento. La lentezza del procedimento familiare, pur necessaria per l’approfondimento istruttorio, si traduce in una sospensione affettiva e organizzativa difficilmente compatibile con i bisogni evolutivi del minore.

Particolarmente delicato è poi l’aspetto della conflittualità. Nel caso romano, il giudice ha ritenuto di imporre l’alternanza settimanale pur avendo accertato la presenza di gravi tensioni tra i genitori, incluse accuse reciproche di comportamenti aggressivi. In un simile contesto, la scelta di costringere le parti a condividere la gestione della medesima abitazione rischia di avere un effetto punitivo più che rieducativo. La convivenza turnaria, lungi dal favorire la collaborazione, può diventare terreno di scontro indiretto, in cui ogni passaggio di consegne diviene occasione di frizione. Tale dinamica non solo non attenua il conflitto, ma tende ad amplificarlo, esponendo il bambino a un clima di tensione costante.

Da un punto di vista sistematico, la pronuncia evidenzia il rischio di sovrapporre il principio di bigenitorialità all’esigenza di stabilità del minore. La giurisprudenza di legittimità ha già chiarito che la condivisione dell’abitazione familiare da parte dei genitori separati è praticabile solo in presenza di accordo e cooperazione. Quando la relazione è segnata da ostilità, la ricerca di una parità aritmetica dei tempi di presenza non coincide con la realizzazione dell’interesse del minore, che deve essere inteso come sintesi tra continuità affettiva, sicurezza e serenità quotidiana. La tutela del bambino non può ridursi a un bilanciamento formale dei diritti dei genitori, ma deve fondarsi su una valutazione concreta della qualità delle relazioni e della capacità di ciascuno di garantire un ambiente emotivamente stabile.

L’ordinanza del Tribunale di Roma, pur nella sua valenza innovativa, conferma la necessità di un approccio giudiziale più prudente e flessibile. La protezione del minore esige che le decisioni provvisorie siano realmente sostenibili e non si trasformino in esperimenti sociali a tempo indeterminato. Ogni scelta che incide sull’ambiente di vita di un bambino deve bilanciare il principio di uguaglianza genitoriale con la realtà delle risorse emotive, economiche e relazionali degli adulti coinvolti.

Il dibattito aperto da questa decisione sollecita una riflessione più ampia sul concetto stesso di casa familiare. Essa non è solo uno spazio fisico, ma il simbolo di una protezione che deve restare costante, anche quando l’unità genitoriale si frantuma. L’obiettivo del diritto non dovrebbe essere quello di replicare artificialmente l’unità perduta, ma di costruire per il minore un contesto nuovo, coerente e rassicurante. In tale ottica, la continuità non può essere solo materiale: deve essere soprattutto affettiva.

Lo stesso elaborato anche su studiocervellino.it