Diritto di Famiglia
La funzione compensativa dell’assegno divorzile e il rilievo del contributo alla conduzione familiare nella recente giurisprudenza di legittimità. Cass. 31423/2025
Avv. Francesco Cervellino
12/10/2025


L’evoluzione della giurisprudenza in materia di assegno divorzile continua a offrire spunti di riflessione sul ruolo che il contributo fornito dal coniuge economicamente più debole alla conduzione della vita familiare assume nella determinazione del quantum della prestazione. L’ordinanza della Corte di Cassazione oggetto di analisi, pur inserendosi nel solco interpretativo già tracciato negli ultimi anni, consente di sottolineare come la componente compensativa dell’assegno divorzile abbia acquisito una centralità sistematica tale da orientare in modo significativo la valutazione del giudice di merito. Tale centralità si manifesta, in particolare, quando il contributo non patrimoniale del coniuge richiedente abbia inciso sulla formazione del patrimonio familiare e sulle scelte di vita della coppia, determinando sacrifici individuali che, in sede di divorzio, necessitano di un riequilibrio.
Il caso esaminato dalla giurisprudenza prende le mosse da una relazione coniugale di lunga durata, nel corso della quale la parte richiedente aveva dedicato tempo ed energie alla cura dell’ambiente domestico e del figlio, con conseguente limitazione della propria capacità reddituale. Il giudice di primo grado aveva quantificato l’assegno senza attribuire adeguato rilievo alla portata del contributo familiare, concentrandosi prevalentemente sul divario reddituale attuale tra i coniugi. La Corte d’Appello, al contrario, ha riformato la valutazione, valorizzando una ricostruzione complessiva della situazione economico-patrimoniale, tenendo conto dei redditi, delle condizioni abitative e delle prospettive realistiche delle parti. Dalla motivazione emerge come la Corte abbia ritenuto rilevante non solo il quadro economico presente, ma anche l’apporto fornito alla conduzione familiare, riconoscendo che esso aveva consentito al nucleo familiare un significativo risparmio e una più equilibrata gestione delle risorse. La Corte ha considerato altresì che l’ex marito, pur avendo subito una temporanea contrazione dei redditi, avrebbe potuto beneficiare, secondo una prognosi fondata su elementi concreti, di un ritorno a condizioni economiche più favorevoli.
Il ricorrente ha tentato di ribaltare la decisione di merito lamentando un uso improprio di presunzioni e contestando la valutazione prognostica sui redditi futuri. La Cassazione ha ritenuto infondate tali doglianze, chiarendo che la Corte territoriale non aveva fatto ricorso a presunzioni in senso tecnico, bensì a inferenze logiche basate sulla complessiva ricostruzione delle condizioni economiche delle parti. La censura, dunque, mirava a ottenere una nuova valutazione dei fatti, estranea alla funzione della Corte di legittimità. La motivazione appare conforme ai principi consolidati, secondo cui il sindacato della Cassazione non può tradursi in una rivisitazione del merito ove il ragionamento del giudice di appello risulti sorretto da coerenza logico-argomentativa.
Il cuore della decisione risiede nella riaffermazione della prevalenza della funzione compensativa dell’assegno, già delineata dalle Sezioni Unite nel 2018. La natura composita della prestazione, in cui la componente assistenziale e quella perequativo-compensativa coesistono, richiede che il giudice valuti il contributo fornito dal richiedente alla formazione del patrimonio familiare e al sacrificio delle proprie aspettative professionali. Quando tale contributo risulti determinante, come nel caso trattato, la funzione compensativa non può essere compressa dalla temporanea flessione reddituale dell’altro coniuge. L’assegno, infatti, non è rivolto esclusivamente a garantire mezzi adeguati, ma anche a compensare gli squilibri generati da scelte familiari condivise.
La Corte ha inoltre ribadito che la revisione dell’assegno richiede un mutamento stabile e significativo delle condizioni economiche delle parti, non essendo sufficiente una mera prospettiva di variazione del reddito. In questo senso, la motivazione riafferma la natura tendenzialmente stabile dell’assegno in presenza di circostanze che trovano fondamento in sacrifici non reversibili compiuti durante la vita matrimoniale.
La dichiarazione di inammissibilità del ricorso conferma i limiti invalicabili del giudizio di legittimità e rafforza l’indirizzo interpretativo volto a tutelare il coniuge che, per ragioni familiari, abbia rinunciato a opportunità lavorative o patrimoniali. Appare evidente come la Corte ricorra a un approccio sistematico, fondato sulla lettura coordinata degli artt. 5 e 2729 c.c., al fine di preservare l’equilibrio economico derivante dalla cessazione del rapporto coniugale, senza trasformare il rimedio compensativo in un beneficio sganciato dai presupposti sostanziali.
La pronuncia in esame si inserisce, dunque, in una prospettiva evolutiva che intende valorizzare la dimensione solidaristica del rapporto matrimoniale anche nella sua fase patologica, riconoscendo la necessità di riparare gli effetti economici di scelte condivise ma capaci di incidere diversamente sui percorsi individuali. Tale impostazione, nel confermare l’importanza del contributo endofamiliare nella determinazione dell’assegno, contribuisce a rafforzare la coerenza sistematica dell’istituto e offre agli interpreti un orientamento stabile nella valutazione dei casi concreti.
L'argomento viene trattato anche su studiocervellino.it
