
Contenzioso Tributario
Accessi fiscali e tutela del domicilio nei locali a uso promiscuo
Avv. Francesco Cervellino
12/11/2025

L’ordinanza n. 28338/2025 della Corte di cassazione offre l’occasione per una riflessione sistematica sul regime degli accessi fiscali negli spazi in cui si intrecciano attività professionale e vita privata, delineando un equilibrio più rigoroso tra poteri ispettivi e garanzie del contribuente. La decisione si colloca nel quadro dell’art. 52 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633/1972, norma cardine nel governo degli accessi in ambito tributario, la cui applicazione ai locali a uso promiscuo ha generato nel tempo oscillazioni interpretative. La pronuncia riafferma un modello di tutela fondato sulla considerazione del domicilio quale ambito di riservatezza costituzionalmente protetto, nonché sulla necessità di assicurare un vaglio preventivo da parte dell’autorità giudiziaria ogniqualvolta l’accesso ispettivo possa incidere, anche indirettamente, sulla sfera privata.
Nel caso esaminato, l’attività professionale era esercitata all’interno di una stanza posta nel seminterrato dell’edificio in cui il contribuente viveva con un familiare, e il giudice di merito aveva negato la configurabilità di un locale promiscuo valorizzando esclusivamente il contenuto del processo verbale di constatazione (PVC), privo di riferimenti alla porta di collegamento tra studio e abitazione. Tale impostazione, come osserva la Corte, risulta riduttiva poiché elude la necessaria verifica concreta dell’assetto dei luoghi, oltre a fraintendere il corretto regime probatorio applicabile al PVC. L’articolazione degli spazi non può essere dedotta in via automatica sulla base del solo verbale, ma deve essere accertata attraverso una rivalutazione complessiva degli elementi documentali, incluse planimetrie e rilievi fotografici offerti dal contribuente, che il giudice di appello aveva invece ignorato.
La Corte richiama un principio consolidato: l’autorizzazione del Procuratore della Repubblica è sempre necessaria per accedere a locali a uso promiscuo, mentre la presenza dei gravi indizi richiesti dalla norma è presupposto indispensabile soltanto quando i locali siano destinati esclusivamente ad abitazione. La distinzione appare determinante per evitare che l’amministrazione finanziaria utilizzi un improprio shortcut procedimentale aggirando il controllo giudiziario preventivo. La qualificazione del locale come promiscuo non richiede l’utilizzo contestuale e quotidiano degli spazi per attività professionale e vita privata, ma si realizza ogniqualvolta sussista una agevole comunicazione interna che renda possibile il trasferimento della documentazione dell’attività economica nell’area abitativa. La Corte precisa che l’accertamento non può ridursi all’individuazione formale di una porta di collegamento, dovendo misurare anche la concreta praticabilità del passaggio e la facilità obiettiva di trasporto dei documenti, il che evidenzia la necessità di valutazioni di fatto rimesse al giudice di merito.
Particolare rilievo assume, inoltre, la ricostruzione del valore probatorio del PVC. La Corte ribadisce la tripartizione che distingue i fatti coperti da fede privilegiata, le dichiarazioni che fanno fede fino a prova contraria e gli elementi valutativi che competono al giudice. La configurazione dei luoghi rientra in quest’ultimo ambito e non può essere cristallizzata acriticamente sulla base della descrizione riportata nel verbale. L’erronea attribuzione di prevalenza probatoria al PVC si traduce in una violazione dei criteri legali di gerarchia delle prove e giustifica la cassazione della decisione di merito. Ne deriva che la verifica dell’effettiva comunicazione interna tra studio e abitazione richiede una valutazione analitica, in grado di considerare anche documenti che attestino modifiche strutturali o assetti non immediatamente percepibili nel corso dell’accesso ispettivo.
La pronuncia assume particolare importanza anche per il richiamo al necessario bilanciamento tra esigenze di efficienza dell’accertamento tributario e tutela della riservatezza del contribuente. La Corte sottolinea come l’intervento preventivo dell’autorità giudiziaria costituisca un presidio essenziale non solo per la salvaguardia del domicilio, ma anche per la correttezza dell’azione amministrativa e la legittimazione del potere ispettivo. Il controllo del Procuratore della Repubblica diviene così strumento di equilibrio sistemico, evitando che l’ampiezza dei poteri di indagine possa tradursi in un’ingerenza non proporzionata nei luoghi della vita privata.
Sotto il profilo più strettamente operativo, la decisione richiama gli operatori a considerare con particolare attenzione la documentazione dei luoghi fornita dal contribuente, la quale deve essere oggetto di autonoma e non meramente ancillare valutazione. La corretta qualificazione degli spazi non può essere affidata a criteri presuntivi, ma richiede un accertamento puntuale che tenga conto delle modalità concrete di utilizzo e dell’effettiva comunicabilità tra area professionale e area abitativa. Tale approccio appare coerente con l’evoluzione della giurisprudenza tributaria, che tende a valorizzare un modello di istruttoria fondato su un esame critico e completo del compendio probatorio.
La sentenza ribadisce infine la necessità di riesaminare anche il trattamento sanzionatorio alla luce del principio del favor rei e dell’applicazione retroattiva del sistema introdotto dalla riforma del 2015, qualora il giudizio non sia definitivo. Ciò evidenzia l’attenzione della Corte verso un’applicazione equilibrata del diritto punitivo tributario, in coerenza con i principi generali dell’ordinamento.
L’ordinanza n. 28338/2025 si pone dunque come un importante contributo alla definizione dei confini dell’attività ispettiva negli ambienti promiscui, riaffermando il ruolo del giudice nella verifica della legittimità dell’accesso e nella ricostruzione dell’assetto dei luoghi, e confermando che il corretto equilibrio tra poteri investigativi e tutela del domicilio costituisce un elemento imprescindibile dello Stato di diritto.
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